LA TELEVISIONE LOBOTOMIZZANTE DI OGGI, NEL PARADOSSO DI MORTAL KABARET
Mortal Kabaret mette in scena per la prima volta il libro “sacro” del Nazismo: il Mein Kampf di Adolf Hitler. Scritto nel 1926, dopo il fallito putsch di Monaco, il Mein Kampf si presenta come un guazzabuglio storico-politico, con spunti di vita “spicciola”. Ma l’apparente confusione è consapevolmente voluta. Parlando del “tutto”, Hitler, costruisce l’idea omnicomprensiva dello Stato che ingloba masse ed individui. Parlando di moda, per esempio, oppure di Sport, esaltando la Boxe, o anche condannando gli scolari sgobboni e coloro che denunciano i compagni di classe per aver copiato il compito, Hitler occupa l’intera “scena del quotidiano”.
E su ogni aspetto, dominano le tecniche di comunicazione espresse alla maniera di un consumato attore o, meglio, di un Intrattenitore. Il Mein Kampf, per lunghi tratti, è un crudele libro di “intrattenimento” che profetizza l’avvento del connubio Parola-Immagine. Da qui nasce Mortal Kabaret: uno show televisivo contemporaneo, un “contenitore”, nel quale tutti i personaggi, compresi quelli che appaiono in video, parlano con le stesse parole di Hitler.
La Televisione lobotomizzante di oggi, nel paradosso di Mortal Kabaret, si abbevera alla fonte del Mein Kampf. E la deriva del “Nulla”, per quanto grottesca, rimanda ad echi sinistri, inquietanti, e terribilmente vicini a noi.